NATURA E SENTIMENTO

IL DIOSCORIDE DI CIBO E MATTIOLI

Dipingendo con precisione alberi, piante e fiori, spesso nel quadro di serene vedute della sua regione, l'artista marchigiano Gherardo Cibo fece dell'opera del medico greco Dioscoride curata dal naturalista Pietro Andrea Mattioli, un capolavoro dell'illustrazione botanica, oggi custodito alla British Library e riprodotto alla perfezione da Moleiro Editor in una splendida edizione in facsimile

Lucia Tongiorgi Tomasi

"Io hebbi già fanno alquanti mesi insieme co' una lettera di Vostra Signoria una pianta miniata di sua mano la più bella che mai io habbi veduto in tutto il tempo di mia vita or me do a credere che Vostra Signoria in far piante co' il pennello non habbi pari al mondo... le dico solo che la pianta mandatami mi sono fatta carissima et la tengo governata come le gioie, et se io possa vedere il suo libro ove penso habbi di così fatte qualche centinaio io me lo reputerei a grandissimo favor del Cielo. Per che non so veramente che cosa potessi vedere con più sodisfattione del cuore, et dell'animo mio, et chi sa che forse un giorno Roma non mi rivegga: se ben son

vecchio."

 

È questo un brano di una missiva inviata "Al molto Magnifico... Signor Gherardo Cibo" il 19 novembre 1565 incollata sul piatto anteriore di un manoscritto illustrato (Add. 22333) conservato presso la British Library. Il suo omologo, il Dioscoride di Cibo e Mattioli (Add. 22332), si impone tra i più rilevanti manoscritti di botanica conservati presso la biblioteca di Londra. Autore della missiva era Pietro Andrea Mattioli, naturalista al servizio della corte asburgica di Praga, da tempo impegnato nella ricerca di immagini di piante da inserire nel commento all'opera del medico greco Dioscoride - i Commentarii o Discorsi -, una pietra miliare nella storia della botanica europea.

ARTE E BOTANICA

L'artista cui Mattioli si rivolgeva con apprezzamenti tanto lusinghieri era Gherardo Cibo, ammirato anche da altri insigni uomini di scienza, tra i quali il romano Andrea Bacci e il bolognese Ulisse Aldrovandi. Ciò nonostante, la figura di Gherardo Cibo è sparita dal palcoscenico della storia (e anche da quello artistico e scientifico), per avere scelto di vivere in un volontario isolamento, lontano dai circuiti elitari ed editoriali del suo tempo. Soltanto agli inizi del secolo scorso un colto bibliotecario della Biblioteca Angelica di Roma - Enrico Celani - gli attribuì cinque "polverosi volumi, mal ridotti, rovinati nelle legature" di un erbario di 1800 esemplari essiccati e, sulla base di un diario oggi perduto, rese noti alcuni episodi della vita di Gherardo.

 

Ma chi era il nostro personaggio? Pronipote del papa Innocenzo VIII (Giovanbattista Cibo), nasce a Roma nel 1512, dove trascorse gran parte della prima giovinezza, forse destinato alla carriera ecclesiastica e dove, da adolescente, lo colse la tragedia del Sacco dei Lanzichenecchi, costringendolo a rifugiarsi nelle Marche, regione di origine della madre, imparentata coi Duchi di Urbino. Dimorando successivamente per qualche tempo a Bologna, sembra abbia seguito le lezioni universitarie del celebre botanico Luca Ghini, dal quale trasse l'interesse per il mondo vegetale e l'abilità nell'allestimento degli erbari essiccati. Gherardo ebbe poi occasione di accompagnare il padre Aranino in due importanti ambascerie papali: la prima li portò a Ratisbona dove incontrarono Carlo V d'Asburgo; la seconda a Parigi presso il re Francesco I, dove incontrarono nuovamente Carlo V, accompagnandolo poi nel viaggio di ritorno nei Paesi Bassi. Nel corso di questi spostamenti non tralasciò di studiare numerose piante, venendo forse anche a conoscenza della produzione artistica fiamminga, che avrà più tardi una marcata influenza sulla sua opera. [...]

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