Dioscoride di Cibo e Mattioli

Cardo (Eryngium campestre), ff. 46v-47r
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L’eringio (Eryngium), cc. 46v-47

L’eringio è annoverato tra le piante spinose, e le sue giovani fronde si usano nei cibi, condite con il sale. Sono larghe, spinose lungo il loro contorno e profumate al gusto.

I rami dell’eringio una volta cresciuti assumono striature di colore rosso, e recano alle loro sommità alcuni bocci rotondi provvisti di spine dure e pungentissime, che li circondano tutt’intorno a forma di stelle. Il loro colore è ora verde, ora pallido, ora bianco, e qualche volta celestino. La radice è lunghetta, larga, grossa un pollice, nera di fuori, bianca di dentro e profumata.

Questa pianta nasce nelle campagne, in luoghi aspri, e ha la virtù di riscaldare. Se viene bevuta da sola induce le mestruazioni, oltre a stimolare la minzione e a far guarire dalla flatulenza e dai dolori intestinali. Se viene bevuta con del vino, reca giovamento alle disfunzioni del fegato e al morso degli animali velenosi, ed è un antidoto contro i veleni che si siano ingeriti. Spesso se ne beve una dramma insieme al seme della pastinaca selvatica.

Si dice che la radice dell’eringio, portata addosso come talismano oppure bevuta, guarisce dai tumori; inoltre, se viene bevuta in acqua melata, reca giovamento all’epilessia e a quello spasmo che si chiama opistòtono.

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