Essere ibridi in un monastero buddhista, f. 109v / f. 67r, La Città del Cielo

Il Libro delle meraviglie del mondo, Marco Polo - Odorico da Pordenone

Essere ibridi in un monastero buddhista, f. 109v / f. 67r, La Città del Cielo


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Secondo quanto racconta Odorico da Pordenone, durante il suo viaggio in Oriente nel XIV secolo, raggiunse una città che descrisse come la più grande e meravigliosa del mondo. Nel suo racconto afferma che la sua circonferenza raggiungeva le cento miglia e che non vi era in essa un solo palmo di terra disabitato. In molte case vivevano fino a dodici famiglie, eppure i sobborghi erano più popolosi della città stessa.
Era costruita sulle acque di una laguna, come Venezia. Da un lato la costeggiava un ampio fiume, e lungo i suoi canali navigavano ininterrottamente imbarcazioni destinate al trasporto e al commercio. Era così vasta che, secondo i viaggiatori, si poteva camminare per sei o sette giorni attraverso i suoi sobborghi senza mai scorgere i confini della città.
Allo stesso modo la descrive Marco Polo, come la città più bella e grandiosa del mondo, circondata da canali e ponti infiniti. La chiamò ?La Città del Cielo?. Oggi la conosciamo come Hangzhou.
Vi convivevano cristiani, musulmani, saraceni, mercanti e genti di diverse origini. Il vino locale era considerato una bevanda nobile.
Durante il suo soggiorno, Odorico fu ospitato da un uomo potente convertitosi al cristianesimo, che un giorno, navigando, lo condusse fino a un monastero. All?arrivo, l?ospite chiese a uno dei monaci di mostrare al visitatore qualche manifestazione che potesse essere considerata miracolosa e ricordata al suo ritorno.
Il monaco riempì due secchi con gli avanzi della tavola e li portò in un giardino. Lì percosse un cembalo, e da una collina vicina scesero centinaia di animali, alcuni con sembianze di scimmia, altri con tratti quasi umani. Si sedettero ordinatamente e mangiarono ciò che il monaco offriva loro. Quando ebbero finito, il cembalo risuonò di nuovo e tutti tornarono alla collina.
Stupito, Odorico chiese il significato di quella scena. Il monaco rispose che erano le anime degli uomini nobili, che essi nutrivano per amore di Dio. Il missionario, incredulo, rifiutò tale interpretazione, ma il monaco insistette: ciascuno di quegli animali era stato, in un altra vita, un uomo illustre, mentre le anime degli umili si reincarnavano in creature vili.
Il viaggiatore comprese allora di trovarsi di fronte a un mondo pieno di credenze strane e meraviglie senza fine. Concluse il suo racconto affermando che quella era la città più grande, nobile e prospera del mondo, un luogo così vasto e magnifico che nessun registro avrebbe potuto contenerne tutte le meraviglie.


f. 109v

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Essere ibridi in un monastero buddhista, f. 109v / f. 67r, La Città del Cielo

Secondo quanto racconta Odorico da Pordenone, durante il suo viaggio in Oriente nel XIV secolo, raggiunse una città che descrisse come la più grande e meravigliosa del mondo. Nel suo racconto afferma che la sua circonferenza raggiungeva le cento miglia e che non vi era in essa un solo palmo di terra disabitato. In molte case vivevano fino a dodici famiglie, eppure i sobborghi erano più popolosi della città stessa.
Era costruita sulle acque di una laguna, come Venezia. Da un lato la costeggiava un ampio fiume, e lungo i suoi canali navigavano ininterrottamente imbarcazioni destinate al trasporto e al commercio. Era così vasta che, secondo i viaggiatori, si poteva camminare per sei o sette giorni attraverso i suoi sobborghi senza mai scorgere i confini della città.
Allo stesso modo la descrive Marco Polo, come la città più bella e grandiosa del mondo, circondata da canali e ponti infiniti. La chiamò ?La Città del Cielo?. Oggi la conosciamo come Hangzhou.
Vi convivevano cristiani, musulmani, saraceni, mercanti e genti di diverse origini. Il vino locale era considerato una bevanda nobile.
Durante il suo soggiorno, Odorico fu ospitato da un uomo potente convertitosi al cristianesimo, che un giorno, navigando, lo condusse fino a un monastero. All?arrivo, l?ospite chiese a uno dei monaci di mostrare al visitatore qualche manifestazione che potesse essere considerata miracolosa e ricordata al suo ritorno.
Il monaco riempì due secchi con gli avanzi della tavola e li portò in un giardino. Lì percosse un cembalo, e da una collina vicina scesero centinaia di animali, alcuni con sembianze di scimmia, altri con tratti quasi umani. Si sedettero ordinatamente e mangiarono ciò che il monaco offriva loro. Quando ebbero finito, il cembalo risuonò di nuovo e tutti tornarono alla collina.
Stupito, Odorico chiese il significato di quella scena. Il monaco rispose che erano le anime degli uomini nobili, che essi nutrivano per amore di Dio. Il missionario, incredulo, rifiutò tale interpretazione, ma il monaco insistette: ciascuno di quegli animali era stato, in un altra vita, un uomo illustre, mentre le anime degli umili si reincarnavano in creature vili.
Il viaggiatore comprese allora di trovarsi di fronte a un mondo pieno di credenze strane e meraviglie senza fine. Concluse il suo racconto affermando che quella era la città più grande, nobile e prospera del mondo, un luogo così vasto e magnifico che nessun registro avrebbe potuto contenerne tutte le meraviglie.


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